LICEO STATALE "G. FRACASTORO"
Verona
Circ. 450
Verona 16 marzo 2020
Carissime Professoresse,
carissimi Professori,
Il virus che ci affligge non conosce Stati e confini.
Al momento non ci è dato sapere se il coronavirus effettivamente sia – come si è scritto in questi giorni – «una figura sistemica della globalizzazione» (M. Recalcati, 14 marzo 2020). Tuttavia – come previsto da alcuni modelli matematici – in un batter d’occhio ha trasformato le nostre vite e il lavoro della nostra Comunità educante, che – da un giorno all’altro – ha dovuto adattarsi a nuove, impreviste necessità. Necessità dettate dal Governo, ma rese anche ineludibili dal dovere di tutti noi di rispettare e garantire i diritti fondamentali previsti dalla carta costituzionale, perché i “diritti dell’altro” – come spiegava nei suoi ultimi scritti Stefano Rodotà – sono sempre anche i nostri diritti e i diritti di tutti coloro che vivono nel nostro Paese. Per questo, con l’insostituibile aiuto del team digitale, ci siamo mossi anche attraverso corsi di formazione a distanza diretti ai docenti, per rendere possibile la “didattica a distanza”.
Lo abbiamo fatto “di corsa”, così come “di corsa” abbiamo cercato di riorganizzate, in modo ‘agile’, il lavoro amministrativo della segreteria.
E dobbiamo continuare ogni giorno, cercando di fare sempre di più e sempre meglio per i ragazzi.
Ciascuno di noi per la propria parte ha lavorato nell’urgenza del momento, schiacciato da un presente che rischia di togliere la capacità di guardare ad un orizzonte più ampio, nel quale anche la “didattica a distanza”, cui siamo chiamati, inevitabilmente si iscrive. Per questa ragione, per proiettare il nostro sguardo oltre le incombenti necessità di oggi e dei prossimi giorni – necessità che comunque non possono essere eluse –, pare forse ragionevole e non privo di senso provare ad abbozzare un piccolo tentativo di storicizzazione di ciò che stiamo vivendo. Si tratta di un’operazione non priva di rischi, ma in questa fase credo debbano essere corsi, per fornire qualche iniziale spunto che ci consenta di tornare a ragionare pacatamente, come si deve fare a scuola.
All’inizio del nuovo millennio, nel 2001, F. Antinucci ha pubblicato un libro dal titolo provocatorio La scuola si è rotta. Secondo Antinucci dalla modernità in poi (meglio: dall’invenzione della stampa in avanti) l’apprendimento ha avuto luogo mediante la scrittura e la lettura di libri e manuali, dando vita ad un tipo di apprendimento di carattere simbolico-ricostruttivo, che si caratterizza in termini sequenziali e lineari. Da quel momento in poi il «libro a stampa è il primo grande pezzo della ‘tecnologia a distanza’» (p. 28), che sostituisce la trasmissione dell’apprendimento che in precedenza aveva luogo ‘a bottega’, attraverso un apprendimento di tipo ‘percettivo-motorio’, il quale – in modo non lineare ed in un continuo scambio con la realtà – procedeva per prova ed errore, dando luogo ad un apprendimento di tipo accrescitivo.
Tuttavia – come tutti sappiamo – ogni strumento di conoscenza modifica non solo il modo in cui si conosce, ma la conoscenza medesima e il soggetto che conosce. Se dunque – come afferma, ad esempio, M. McLuhan ne Gli strumenti del comunicare – si ritiene che la tecnologia costituisca un’estensione dell’uomo capace di investire l’intera vita dell’uomo, ne deriva che la scrittura fonetica, tipica del mondo occidentale, e la trasmissione della cultura per il tramite della stampa rendono possibile un pensiero lineare, logico-consequenziale, che sta alla base di alcuni dei caratteri tipici della logica, come ad esempio l’analiticità, la linearità, il pensiero deduttivo e la capacità di astrazione nel processo induttivo: a mero titolo d’esempio, Galileo Galilei parlava (e non solo in senso metaforico) del gran libro della natura – scritto in caratteri matematici –, mentre Cartesio ricorreva alla prospettiva ‘analitica’ delle idee “chiare e distinte”.
Se, dunque, si ritiene che ogni strumento fornito dalla tecnologia modifichi il modo in cui si conosce e, nel medesimo tempo, anche la stessa conoscenza (e dunque anche il soggetto che conosce); se si reputa che questa ipotesi possa essere accolta, allora ragionare di “didattica a distanza” implica un profondo ripensamento del nostro modo di lavorare. Come tutti sappiamo, il libro non è più l’unico strumento di cui ci serviamo per l’apprendimento dei nostri ragazzi: la fotografia, il cinema, la radio, gli apparecchi televisivi e l’introduzione dell’informatica e dei personal computer mettono in crisi l’assetto e l’organizzazione lineare del sapere. Così è anche della navigazione in rete, che procede per percorsi strutturati sulla base della logica prova-errore: ci si abitua, in tal modo, a rispondere, probabilmente in termini di competenze, a casi concreti, che coinvolgono anche la capacità di risposta del corpo, come avviene, ad esempio, nel caso dei video-giochi, sicché – parafrasando H. Focillon (L’elogio della mano) – si può dire che il corpo e la mano sanno, così come sa la mano dell’artigiano, in grado di conoscere al tatto i materiali, e dunque di lavorarli.
La “didattica a distanza” cui siamo chiamati e che è stata imposta dal Covid19 porta con sé un groviglio di problemi e di dubbi: problemi e dubbi che in questo momento non siamo in grado di risolvere e di sciogliere. Certo è che il precedente modo di fare lezione in presenza non potrà essere semplicemente replicato “a distanza”, perché si tratta di pratiche che implicano strumenti profondamente diversi. E, se questo è vero – se cioè la “didattica a distanza” usa modi e strumenti diversi rispetto a quelli utilizzati in presenza –, allora questo significa che abbiamo iniziato ad operare in modo profondamente nuovo e che la conoscenza che trasmettiamo e gli apprendimenti che si svilupperanno saranno altri rispetto a quelli cui eravamo abituati solo fino a poche settimane fa.
Ci stiamo affacciando su di uno scenario inedito, che speriamo duri solo per poche settimane, nel quale tuttavia domande come quelle relative all’avanzamento del ‘programma’ probabilmente dovranno essere formulate in termini nuovi.
Naturalmente, nessuno conosce le risposte; possiamo solo lavorare con onestà intellettuale, dire che dobbiamo cominciare a ragionare in modo diverso e che dobbiamo farlo cercando di mettere ogni giorno in atto e a frutto gli strumenti di cui ci siamo dotati, nella consapevolezza che in questo caso anche noi inevitabilmente siamo chiamati a procedere per prova ed errore.
Compito facile?
Certamente no.
Ma è quello che in questo momento sta davanti a noi, è ciò che dobbiamo fare.
In attesa di incontrarvi “a distanza”,
con affetto.
Il Dirigente scolastico Luigi Franco
Firma autografa sostituita a mezzo stampa
ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 39/1993